mercoledì 27 febbraio 2013

Dopo lo tsunami 2013: le donne contribuiscano al nuovo corso delle cose

Lo tsunami c'è stato, più prevedibile di quanto vadano dicendo in tanti. Bene, ripartiamo da qui. 
C'è molto di che riflettere. Oltre a quelli noti sull'inedita configurazione delle forze in Parlamento, il primo dato che ci interessa è: quante donne? e quali? Perciò abbiamo fatto subito i conti: quante donne in Senato, quante alla Camera, quali percentuali, quante a seconda delle forze politiche, quante erano prima, e dunque quali sono gli incrementi. Trovate tutto a questo post.

Altri dati che ci interessano molto, sono quanti e quali gli impresentabili (per usare un termine eufemistico) siedono ancora in Parlamento. E su tutto la grande domanda: quali alleanze si creeranno, e verso quali direzioni, adesso? E soprattutto: in tutto ciò, cosa faranno le donne?
La nostra rete-blog, sull'onda dei risultati elettorali, si è arricchita di un nuovo "punto nevralgico": un altro spazio politica femminile che va oltre le "regioni", in modo di poter essere comune a tutte, nato apposta per ospitare gli interventi di tutte le donne interessate a dare contributi: non solo blogger o politiche, ma anzi (oltre a queste!) il più possibile donne che non abbiano altri luoghi pubblici per esprimersi. Scriveteci qui: politicafemminile@gmail.com e i vostri pezzi saranno pubblicati.

mercoledì 20 febbraio 2013

Gilda Binetti

Sono Gilda Binetti, candidata per il PD al Senato della Repubblica. 
Annotazioni da una militanza intempestiva e necessaria.
Ho quasi cinquant'anni, e da 5 aderisco consapevolmente a un partito politico. Sapendo bene che la militanza ha un costo esondante per la mia vita privata e lavorativa, e che i partiti sono in questi anni l'ambito collettivo più screditato.

Non è gratificante. La politica non è gratificante, almeno se la vivi rinunciando consapevolmente a usare la strumentazione che porta al successo, essenzialmente un mix di sfrontatezza e servilismo, e provi a mettere in campo quello che vorresti fosse il modo di essere di chi ci governa, a tenere alto il senso critico pur nella lealtà di un impegno. Rischi di essere confinato nella testimonianza, di essere inessenziale, di essere la foglia di fico che copre la persistenza dei meccanismi di potere. Però non conosco un altro metodo che non sia la partecipazione. Per cambiare non solo i volti ma i metodi della politica bisogna esserci, bisogna occupare gli spazi, incalzare i santuari chiusi del potere. Non è agevole: ci si scontra con una organizzazione impeccabile e con l'uso sapiente della menzogna, ma la posta in gioco è alta, ne va del futuro prossimo del paese in cui viviamo, della possibilità concreta di rimanere nell'alveo della parte di mondo migliore. Non tanto perché abbia un reddito spendibile più alto per un maggior numero di persone, ma perché ha fatto proprie alcune istanze che determinano quella che chiamiamo qualità della vita, forse civiltà: riconciliazione tra l'uomo e l'ambiente, cura del mondo, una dotazione di diritti individuali, la persistenza dell'idea di comunità.
Questo corredo è a rischio, minacciato da trent'anni di predominanza ideologica dell'individualismo più sfrenato e irresponsabile, che porta oggi a un bivio pericoloso: da una parte può continuare il sistematico sfruttamento messo in atto dell'illusionismo berlusconiano, che solletica e legittima tutto ciò di cui è giusto vergognarsi: il piccolo tornaconto personale, la speranza di stare meglio oggi e da soli indipendentemente dalle conseguenze per gli altri e per il futuro. Dall'altra la tentazione di buttare il tavolo per aria, di fare una rivoluzione indipendentemente da chi e come si riproporrà un governo del paese. Troppo fresca è l'esperienza delle primavere magrebine per poter accantonare i rischi di una involuzione democratica, per potersi affidare ancora ad un nuovo messia, seppur con altri accenti. Che tutto cambi, che si distrugga il sistema: è una pericolosa illusione, perché il vuoto di governo, ci insegna tragicamente la storia, apre sempre le porte a chi sa Riempire quel vuoto di potere con la furbizia e la forza. Non serve andare troppo lontano, basta guardare alla stessa Europa contemporanea, alla nascita delle oligarchie economiche nei paesi dell'est del post '89, all'economia canaglia diventata potere politico proprio nell'ebbrezza della distruzione del sistema. Con tutto il corredo di nuove povertà e nuove schiavitù, di cui soprattutto le donne, le donne povere, le donne attanagliate dal bisogno, le donne sfruttate, sono tragica testimonianza.
Viviamo in un'Italia ingiusta, immobile e corrotta, ma che ancora ha in sè la possibilità di invertire la rotta. C'è l'ha soprattutto grazie ai suoi giovani, alle sue donne, figli di una generazione imperfetta ma pure costruttiva. Sembra una follia oggi pensare che il voto alle donne è una previsione normativa del secondo dopoguerra, che alcune professioni erano interdette di fatto e di diritto, che un femminicidio potesse non essere punito in quanto delitto d'onore. L'idea di un diverso trattamento dei cittadini e di un diverso corredo dei diritti di genere ė archiviata del tutto dalle nuove generazioni.
Io appartengo a quella generazione di mezzo, di quelle che il mondo delle madri, protetto, per poche fortunate e chiuso per la maggioranza, era una cosa d'altri tempi, ma sentivamo ancora come fatto ordinario della nostra vita occuparci delle camicie dei mariti. Non è così per mia figlia: in vent'anni è cresciuta una generazione aperta, proiettata sul mondo, e vallo a dire a una di loro che ci sono vincoli a viaggiare, a seguire la strada che si ritiene propria, a considerare l'autonomia come dato meno che assoluto!
Il mondo, grazie alle donne, è cambiato in meglio. Ma nel nostro paese sono ancora troppi gli ostacoli all'effetto a uguaglianza delle opportunità, che è poi la precondizione della libertà.

Crescono le diseguaglianze, e si radicano. Viviamo in Un paese in cui la mobilità sociale è ormai un ricordo degli anni del boom, in cui si rinuncia a migliorarsi perché le aspettative che il lavoro e lo studio generano sono frustrate dalla crisi economica ma ancor più dalla deriva morale che un po' ha anche fare con difetti atavici e molto con il massaggio devastante incarnato dalle classi dirigenti negli ultimi dieci. Un paese che non cresce economicamente perché distrugge il territorio, non usa i tesori che ha, fa poca ricerca, ha un numero di laureati che è la metà degli obiettivi europei. Un paese che non fa figli, perché non ha servizi alla famiglia, non ha gli asili nido, ha scuole fatiscenti, vede azzerarsi i budget per il supporto ai non autosufficienti. Un paese in cui il costo della macchina dello stato e il doppio della media europea e gli stanziamenti per l'istruzione sono di un terzo inferiori.

Ci sta bene così? Ovviamente no. Ecco allora che la politica diventa essenziale, perche se non ci sei ti condiziona molto piu che partecipando, ti schiaccia. la politica se non la fai la subisci. E allora bisogna sporcarsi le mani, provare a smottare il sistema di potere della cosa pubblica che si auto conserva a danno di tutti. Non è un caso che la politica sia ormai l'unico ambito della vita collettiva in cui persiste la sotto rappresentanza delle donne. Perché più donne significano menti nuove alla guida dei processi, significano un altro punto di vista con cui confrontarsi. Significano per la politica la possibilità concreta che si inneschi un processo fisiologico di ricambio nelle posizioni di responsabilità e potere. Questo spaventa, ma è ormai ineludibile. Si pone un'altra sfida: esserci contando e cambiando. È' la parte più difficile, perché il sistema politico procede essenzialmente per cooptazione (5stelle, che invoca la democrazia diretta, ha fatto scegliere i rappresentanti di 40 milioni di abitanti da appena 38mila persone!) e il prezzo della cooptazione è spesso una autonomia limitata.

Tra due giorni si vota. Sarà un voto determinante, e dispiace che tanta parte della cittadinanza intenda rinunciare a partecipare, perché le tre strade davanti a noi possono veramente cambiare il paese. Semplifico, certo, ma abbiamo fondamentalmente tre scelte: lasciare tutto così com'è, distruggere, o provare a cambiare. Io credo nel riformismo radicale come metodo e nell'uguaglianza come valore. Credo nella concreta possibilità di cambiare il nostro sistema di valori come condizione per cambiare il modo con cui si amministra la cosa pubblica. Credo che solo accantonando l'idea di un consumo indiscriminato si possa ricostruire un ambiente da consegnare in eredità ai nostri figli. Solo investendo in istruzione e ricerca si possa cambiare il modello di industrializzazione italiano, accantonando per sempre l'idea che portò all'Ilva e a bagnoli, ma pure ai quartieri dormitorio delle città, frutto di puro accaparramento di suolo e rendita parassitaria.
Non penso ci siano ricette miracolose per il recupero dell'evasione fiscale o per la riduzione degli sprechi. Ci sono però modalità praticabili, anche grazie alla tecnologia, per un governo della spesa pubblica. Ci sono scelte da fare: mettiamo le risorse a disposizione dei servizi pubblici o no? Promettiamo opere faraoniche o investiamo in una capillare riqualificazione del territorio grazie a una politica di manutenzione del patrimonio? Contiamo a permettere il consumo di suolo o riqualifichiamo il tessuto edilizio delle mille cittadine di pregio che ci sono in Italia? Trivelliamo o incentiviamo cogenerazione e rinnovabili? Sono scelte di politica e di civiltà. Senza un governo non verranno fatte. Da un governo che non crede nel valore della comunità non verranno fatte. Da uomini e donne senza scrupoli non verranno fatte. Sta a noi cambiare uomini, azioni, politiche. tendendo alta la soglia critica al potere, ma partecipando, accettando la sfida difficile del governo.

giovedì 14 febbraio 2013

Un regalo dei Modena CR

Sergio Rubini

Vladimir Luxuria

Lunetta Savino

Partiamo da noi

Non esiste in Italia nulla di paragonabile a quanto fatto, da donne e uomini, in Puglia per portare non le donne ma un pensiero diverso in Consiglio Regionale. E da certi uomini per affossarlo.
La creazione di un Comitato per proporre liste elettorali composte in egual misura da uomini e donne e per sostenere la doppia preferenza, un Comitato apartitico come apartitica è questa esigenza di rinnovamento è stato quanto di più lontano dall'antipolitica!
Eppure difronte ad una proposta così condivisa e così sostenuta anche da una imponente raccolta di firme (30.000), il Consiglio Regionale ha boicottato un desiderio di vero cambiamento con la vergognosa pratica del voto segreto, condito da dichiarazioni che benevolmente definirei fuori dalla storia
Ma questo è avvenuto! Lo scenario delle prossime amministrative regionali sarà, se nulla dovesse cambiare nella redigenda legge elettorale,ancora più desolante dell'attuale.
Infatti con la diminuzione a 50 del numero dei Consiglieri, la raccolta delle preferenze premierà i signori dei voti quelli con grandi capitali da investire e le donne e gli uomini che cercano il consenso in altra maniera, ne rimarranno desolatamente fuori!
Altro che risparmio della politica ci si troverà davanti famelici figuri alla ricerca di rientrare nei loro “investimenti” saremo rappresentati in maggior parte da persone che nulla sanno dell'impegno politico, che nulla sanno di quanto lavoro è necessario per capovolgere le solite pratiche spartitorie e, che hanno come unico desiderio, la propria conservazione
Ma ancor di più, sempre per sostenere il contenimento della spesa pubblica è stata introdotta la norma che stabilisce la presenza di assessori esterni in numero massimo di 2, e quindi possiamo dimenticarci anche quella sorta di risarcimento politico all'invisibilità che spesso erano alla base delle composizioni paritarie tra uomini e donne delle Giunte regionali
Era questa la Puglia che desideravamo? Era questa la Puglia che doveva rinnovarsi e per la quale abbiamo raccolto 30.000 firme reali, certificate ed autenticate? Non penso.
Le reticenze al cambiamento sono evidenti anche nella modesta prova offerta dai partiti in queste elezioni elettorali.
Certo vanno dichiarate le differenze tra chi ha comunque aperto, attraverso le primarie, le selezioni e chi ne è stato totalmente contrario.
Ma il porcellum è rimasto e, spesso, le candidature sono state espressione di chi nei luoghi della rappresentanza tiene ancora il potere stretto nelle mani. Possiamo riflettere su quanto ha contato nella scelta e nella selezione l'appoggio maschile?
Certo grazie ad alcuni correttivi, che il PD e Sel hanno introdotto attraverso lo strumento delle primarie, come doppia preferenza, alternanza di genere, nel prossimo Parlamento ci saranno tante donne. Sarà certamente una rivoluzione, ma affinché non sia solo estetica sarà interessante verificare il modo in cui le nuove elette si atteggeranno rispetto ai problemi aperti dalla crisi, ai diversi interessi in gioco, alla reinvenzione dei rapporti tra i due sessi.
Riusciranno le tante donne del nuovo Parlamento ad esplicitare la critica forte a quel luogo in cui adesso siedono ed a ricostruire nuova autorevolezza? o tutto il loro slancio si acquieterà nell’essere “dove si decide”? Rafforzeranno quella Politica delle Donne che ha sempre criticato fortemente quei luoghi, constatandone la loro inefficacia, per reinventarli o se ne saranno lì zittite? da pratiche ed azioni così contaminate da fagocitare anche loro?
O continueranno a ricercare un modo di stare nei contesti politici e sociali agendo in libertà dagli uomini, e quindi cambiando le relazioni con loro?
La mentalità patriarcale e l’accettazione passiva di un sistema che perpetua meccanismi di potere nelle stesse mani, sono un problema di tutti e di tutte. Da questo problema la politica delle donne dovrebbe ripartire.
E da qui il Comitato pugliese riparte! Senza una sana relazione ed un giusto riconoscimento del grande lavoro delle donne che hanno, con il proprio impegno, permesso l'ingresso femminile in Parlamento, chiedendo ad alta voce un cambio nella rappresentanza così fortemente maschile, nulla potrà mai cambiare!




mercoledì 13 febbraio 2013

Nuovo ossigeno anche per la politica pugliese: dalla Politica Femminile

Benvenute e benvenuti su Politica Femminile Puglia. Le ragioni per cui riteniamo che la politica femminile possa essere vero ossigeno per la politica le abbiamo date qui, nel post di esordio del primo sito di questa rete-blog, che ha preso avvio da Milano, con la Regione Lombardia. Ragioni che conosciamo bene, vista anche la storia recente dell'affossamento della proposta di legge per l'equità di genere, operato proprio nella nostra regione grazie al voto segreto del nostro consiglio regionale ad altissimo tasso maschile. Un voto segreto che, in spregio della volontà di oltre 30.000 firmatari della legge di iniziativa popolare, ha vanificato un lungo lavoro.
Dal sito dedicato alla Puglia intendiamo dunque dare voce alle donne politiche pugliesi, o che si presentano nella Puglia: dalle candidate che il 23 e 24 febbraio si presentano alle prossime elezioni per Camera e Senato a quelle che si candidano per le elezioni regionali.
Avviamo ora un lavoro  che intendiamo continuare anche ben dopo le elezioni, con le elette in Parlamento e le amministratrici che saranno all'opera sul nostro territorio, in un dialogo costante e produttivo con donne e uomini consapevoli di quanto il mondo abbia bisogno del contributo femminile, e di quanto la politica abbia bisogno della Politica Femminile.